Le transizioni, nel calcio moderno, sono diventate uno degli aspetti più importanti e condizionanti per il buon esito di una gara. Quello che tutti sanno è che la transizione è il momento in cui una squadra passa da una fase di gioco all’altra. Transizione Positiva quando si passa dalla fase di non possesso a quella di possesso e Transizione Negativa nel caso contrario.
La Transizione non è di per se una fase ma un tempo. Potremmo immaginarla come un “tempo di reazione” del singolo calciatore al cambio di fase. Il tempo necessario per assimilare le informazioni utili ed adottare le necessarie contromisure. Più questo tempo si avvicina allo “0” maggiore sarà l’efficacia della risposta del singolo e di conseguenza del collettivo. L’ideale sarebbe un gruppo che reagisca in modo uniforme in pochi decimi di secondo alla nuova fase di gioco.
Considerando le premesse ho iniziato a pensare al come allenare la transizione; sono giunto alla conclusione che la transizione non deve essere allenata, ma è necessario educare alla transizione. Un po’ come quando un bambino ben educato, dopo aver mangiato, rimette a posto la sedia, è un gesto automatico appreso nel contesto educativo familiare. I genitori non dedicano un pranzo specifico per allenare il bambino a rimettere a posto la sedia, ma utilizzano tutti i momenti intono alla tavola per creare le connessioni neurali che porteranno il bambino ad assimilare la regola educativa.
L’idea di base è quella di formare calciatori che automatizzano la reazione cognitiva al cambio di fase, senza che siano le urla dell’allenatore a risvegliare questa reazione. Per fare questo occorre che la transizione sia in ogni momento dell’allenamento anche nel contesto tecnico analitico. Per fare un esempio pratico (Fig. 1), potremmo sostituire delle serie predefinite di trasmissioni a coppia di interno piede ( 10 passaggi di interno destro e 10 di interno sinistro ), con una proposta che prevede un segnale complesso, ad esempio il pallone nei piedi del mister che lo stesso sposta a destra o a sinistra. Al segnale il calciatore, in quel momento in possesso, deve guidare dentro la porta corrispondete mentre l’altro deve impedirglielo. Sulla stessa base si possono ideare decine di varianti. Sembra una proposta banale ma nasconde molte componenti cognitive importati nell’educare alle transizioni.
Fig. 1
Le situazioni di gioco, dal 1 > 1 al 4 > 4 dovrebbero sempre prevedere il doppio verso, in modo da consentire ai difendenti che recuperano il pallone di attaccare e costringendo “gli attaccanti” a difendere. Nei possessi palla, nei giochi di posizione, negli SSG, nelle partite a tema le transizioni sono sempre presenti, basta stimolarle. Personalmente cerco di “premiare” (goal doppio) o “punire” (assegnando un punto, o un calcio di rigore alla squadra avversaria) quei calciatori che durante queste proposte sfruttano o ritardano la reazione necessaria alla transizione.
Proposta Pratica (Fig2): Situazioni di Gioco, dal 1 > 1 al 4 > 4. Un calciatore entra in guida ed affronta 1>1 con il portiere finita l’azione attende l’ingresso di un attaccante con la palla per un 1 > 1. Finita la seconda azione entra un nuovo giocatore con la palla che giocherà il 2 > 1 con il calciatore che prima difendeva contro il calciatore che prima attaccava. Ogni nuova azione entra un calciatore palla al piede, così fino al 4 > 4. Chi prima attacca dopo difende. Al recupero palla i difendenti possono fare goal a meta. Decine le varianti possibili per questa proposta.
Fig. 2
Sono certo che, una volta che la squadra avrà interiorizzato la reazione, lavorare sull’aspetto tattico della transizione risulterà molto più semplice.
“Sono un allenatore di calcio dilettante, tutto ciò che scrivo ha origine dai miei studi, dalle mie letture, dalle mie esperienze di campo e soprattutto dal mio personale pensiero critico che è chiaramente opinabile. Non scrivo verità, perché forse di verità nel calcio non ce ne sono, ma il mio punto di vista. Mi scuso se i miei testi contengono errori e grazie a chi volesse evidenziarli.” Vitaliano