Il mio lavoro fuori dal calcio, mi ha consentito di avere una discreta conoscenza dell’universo della comunicazione e dell’importanza di essa nella vita lavorativa e familiare.
Ma quanto la comunicazione, il saper trasferire messaggi, il mantenere focalizzata l’attenzione è importante nel ruolo di allenatore?
Ciascuno risponderà soggettivamente a questa domanda, dando un valore più o meno elevato a questo fattore, probabilmente a seconda delle proprie capacità comunicative. Qualcuno dirà che comunicare non serve, meglio i fatti! Purtroppo, o per fortuna,
“è impossibile non comunicare“.
Non lo dico io, lo dice la scienza e nello specifico lo disse Paul Watzlawick, psicologo statunitense appartenuto alla scuola di Palo Alto, teorizzandolo come il primo dei 5 assiomi della comunicazione.
Il silenzio è la più potente e rumorosa forma di comunicazione esistente. Personalmente l’ho provato spesso sul campo. Soprattutto con i bambini. Nei momenti di dialogo o spiegazione, quando la confusione prendeva il sopravvento e il livello di attenzione diventava scarso, troncavo bruscamente il discorso e iniziavo un lungo silenzio. Guardando negli occhi ciascuno di loro per capirne le reazioni. I primi 30”, solitamente, non cambia nulla. Ma non appena l’anomalia della situazione diventava pesante, iniziava una sorta di “panico” generale. “Cosa sta succedendo? Perché il Mister non parla?”. I ragazzi iniziavano a guardarsi freneticamente fra di loro per poi guardare me con sguardo preoccupato. Io impassibile continuavo nel mio silenzio che ormai si era trasmesso a tutti. Li tenevo così per un po’ facendo capire il peso e la gravità del momento. Da lì in poi, acquistavo la loro massima attenzione.
Non esiste urlo o richiamo più forte del silenzio. Attenzione però a scambiare il silenzio con mancanza di comunicazione, in quel momento parlavano il corpo e gli occhi. Se, al posto di avere una postura grave uno sguardo duro e braccia conserte, avessi avuto un’atteggiamento sorridente e distratto, non avrei ottenuto nulla.
Il linguaggio non verbale vale per il 90% della comunicazione quello verbale per il 10%. Inoltre quel 10% di parlato deve essere ottimizzato al meglio, pochissimi concetti, semplici da comprendere detti al momento giusto.
Io credo che uno dei più grandi comunicatori nel mondo del calcio sia Zdenek Zeman. Il suo volto dice tutto, così come il suo calcio. Al Boemo sono sempre bastate poche parole per lasciare dei segni indelebili. Può essere odiato o amato, di sicuro andrebbe studiato, non solo per il suo calcio, ma anche per il suo modo di comunicare. Sono cosciente che questa affermazione potrebbe provocare ilarità e critiche, quando si parla di allenatori e comunicazione il primo nome che salta alla mente è quello di José Mourinho. Non nego che il portoghese sia un maestro in questo. Ma attenzione a non confondere quello che i professionisti fanno davanti ad una telecamera come fulcro del loro comunicare.
Nel mio mondo, quello del dilettantismo, non esistono telecamere, interviste, conferenze stampa o altro. Noi abbiamo i nostri ragazzi, gli allenamenti e soprattutto le partite. In quei momenti comunichiamo!
Invitiamo a parole i nostri ragazzi a rispettare l’arbitro, per poi in gara saltare e allargare le braccia ad ogni fischio contro, magari non diciamo niente con le parole, ma diciamo tutto con il corpo. I nostri ragazzi lo vendo e si sentono in diritto di protestare in campo con il direttore di gara.
Non sono esente da questo, l’istinto della gara è qualcosa difficile, a volte impossibile, da controllare, ma di sicuro esserne consapevoli e prendersi le responsabilità aiuta a migliorare. Quando dalla panchina alziamo il braccio e richiamiamo l’attenzione ad ogni rimessa laterale o presunto fuorigioco, quando saltiamo in piedi con le mani tra i capelli o sbattiamo forte le braccia sui fianchi sbuffando come treni a vapore, stiamo esattamente facendo la stessa cosa di quelli che urlano “somaro” al calciatore o “che cosa hai fischiato” all’arbitro. Il fatto di non dire con la voce non significa non dirlo!
Iniziamo da questo, siamo onesti soprattutto con noi stessi per esserlo con i nostri calciatori. Assumiamoci la responsabilità dei nostri gesti non soltanto delle nostre parole. Perché sono soprattutto i nostri gesti a fomentare e condizionare le loro reazioni.
Ps: “Sono un allenatore di calcio dilettante, tutto ciò che scrivo ha origine dai miei studi, dalle mie letture, dalle mie esperienze di campo e soprattutto dal mio personale pensiero critico che è chiaramente opinabile. Non scrivo verità, perché forse di verità nel calcio non ce ne sono, ma il mio punto di vista. Mi scuso se i miei testi contengono errori e grazie a chi volesse evidenziarli.” Vitaliano